I giocatori di bridge non si dopano

L'amica bridgista Anna Licursi ha vissuto una vicenda che può sembrare comica ma non lo è affatto.

Come molte persone non più giovanissime, soffre di ipertensione ed assume quindi dei farmaci. Al termine di un campionato, ha subito un controllo antidoping a cui è risultata positiva. La Giustizia Sportiva del bridge ha giudicato la cosa con indulgenza, limitandosi ad una ramanzina. Non così la feroce agenzia antidoping del CONI, che è ricorsa in appello. La conseguenza è stata la revoca della medaglia vinta ed una squalifica sino al Gennaio 2019. Un trattamento da riservarsi a ben altri mascalzoni, non certo ad una pediatra di 55 anni che pratica un hobby.

Ma non basta, Anna ha anche ricevuto il dubbio onore di vedersi sbattuta agli onori della cronaca dal sito online del "Corriere della Sera"
https://www.corriere.it/cronache/18_luglio_14/anna-pediatra-bridge-squalificata-doping-il-ricorso-costa-troppo-fdc32be2-87aa-11e8-bfdc-8bbc13b64da8.shtml

Occorre sottolineare che il Corriere tratta la questione con opportuna leggerezza ed ironia, ma resta comunque spiacevole.

Questa follia richiede una presa di posizione da parte dei praticanti del bridge che non possono vivere sotto la spada di Damocle di essere considerati dopati senza esserlo neanche lontanamente.

Avanziamo quindi una precisa richiesta alla Federazione Italiana Gioco Bridge:

  1. Restituire ad Anna ed al suo compagno la medaglia vinta onestamente e meritatamente
  2. Annullare con effetto immediato la squalifica che le è stata inflitta.
  3. Qualora le richieste precedenti non potessero essere accolte a causa dell'affiliazione al CONI, avviare la procedura per distaccarsene.

Mentre sono chiari i benefici economici apportati alla Federazione dall'appartenere al CONI, sono molto meno chiari quali siano i vantaggi per i giocatori. Se si giunge ad essere puniti e messi alla berlina per colpe inesistenti, occorre reagire.