riqualificare l'ospedale di Borgosesia (vc) in Ospedale Montano

Vi chiediamo di firmare questa petizione perchè la regione Piemonte avrebbe intenzione di chiudere alcuni reparti dell'ospedale di Borgosesia ma non tiene conto che il territorio della Valsesia è un territorio montano è le distanze dall'ospedale più vicino sono molto ampie

 

In diverse regioni d’Italia negli ultimi anni è iniziata una riflessione sui problemi sanitari delle aree montane che si riconduce anche a quei principi di salvaguardia dei “piccoli comuni” che sono stati trasfusi in diversi interventi normativi, sia in sede nazionale che regionale.

Questa proposta, che si colloca nel quadro legislativo prima descritto, mira alla valorizzazione degli ospedali montani e si pone in alternativa al pensiero di quanti ritengono tali strutture superflue in quanto improduttive secondo parametri puramente economicistici di contenimento della spesa.

Gli ospedali montani al contrario svolgono una funzione essenziale per le popolazioni interessate, sia dal punto di vista sanitario, che da quello sociale ed economico. Il loro bacino è costituito da realtà marginali, spopolate e distanti dai maggiori centri urbani ma che spesso, in alcuni periodi dell’anno, vedono aumentare a dismisura il numero dei residenti per effetto dei flussi turistici.

Un presidio sanitario efficiente è una garanzia per la popolazione montana, per i turisti che la frequentano e uno strumento di pari opportunità per quei cittadini che, a differenza dei residenti in città, hanno meno possibilità di curarsi in modo adeguato e di tutelare la propria salute senza dover intraprendere lunghi e costosi viaggi.

Anche dal punto di vista sociale il ruolo degli ospedali montani va ritenuto fondamentale: non è un mistero che il fenomeno dello spopolamento dei centri montani sia dovuto principalmente ad una progressiva riduzione di servizi. Ed in effetti un ospedale efficiente contribuisce non poco ad arginare tale fenomeno. Infine dobbiamo sottolineare l’aspetto economico.

L’ospedale montano rappresenta generalmente la maggiore fonte di lavoro nei centri dove insiste e costituisce, oltre che una garanzia di sicurezza sanitaria del territorio, una struttura di attrazione di risorse umane e finanziarie.

Di questo si è accorto il legislatore: l’articolo 14 della legge 97/1994 (Legge sulla montagna), invita espressamente le Regioni ad emanare direttive di indirizzo per decentrare nei comuni montani attività e servizi per i quali non è indispensabile la collocazione in aree metropolitane e tra questi elenca espressamente, tra gli altri, ospedali specializzati, case di cura ed assistenza e istituti di ricerca.

Nel caso di specie va inoltre considerata la valenza turistica delle aree montane di Alagna, Scopello, Piode, Rimella, Fobello, Varallo con una notevole presenza in zona di turisti, che nei mesi estivi rendono molto più elevato il numero di utenti potenziali dei relativi ospedali.

In realtà si tratta di dare attuazione all’articolo 32 della Costituzione che recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”, principio minacciato da una politica sanitaria sempre più legata alle dinamiche ed alle esigenze dei grandi centri urbani.

Si tratta di riscoprire in questo ambito una politica sanitaria che dia risposte ai bisogni dei cittadini nel rispetto di quelle istanza sociali che reclamano pari opportunità per i territori montani e dell’entroterra. Di conseguenza, è fondamentale il diritto di accesso alla rete dei servizi a partire dalle realtà più decentrate. I cittadini, per quanto possibile, debbono avere risposte nei luoghi abituali di residenza mentre il “pendolarismo” sanitaria va riservato alle prestazioni erogabili dai centri regionali di eccellenza e/o di alta specializzazione.

Da quanto fin qui considerato, si configura la necessità di introdurre la logica di un approccio integrato alla gestione delle patologie sul territorio (ospedale, specialistica territoriale, assistenza domiciliare per disabili, anziani e pazienti nella fasi di dimissione post-ospedaliera, medicina di base, RSA, lungodegenza), che possa favorire la ricerca di un effettivo equilibrio economico a livello aziendale, degli indispensabili margini di razionalizzazione ed ottimizzazione delle risorse. L’ospedale deve dunque acquisire la caratteristica flessibilità per assolvere alla funzione di struttura idonea ad ospitare, con buoni standards alberghieri, pazienti e personale addetto, tecnologie in continua evoluzione, servizi generali e per l’assistenza, di cui il paziente possa usufruire

sia direttamente, sia indirettamente, ottenendo così prestazioni migliori.

L’articolo 1 della presente legge istituisce la figura degli ospedali montani, specificandone le finalità e le funzioni minime ed essenziali, in particolare, per quanto riguarda la medicina e la chirurgia generale all’interno del Servizio sanitario regionale.

L’articolo 2 individua espressamente, tra gli ospedali montani, in ragioni delle specificità proprie dei territori

di riferimento.

L’articolo 3 per le peculiarità del servizio offerto da tali nosocomi, prevede che le disposizioni della presente legge costituiscano deroga alle normative regionali vigenti in materia di organizzazione del SSR e di parametri per il contenimento della spesa sanitaria.

L’articolo 4 definisce il ruolo dei Distretti sanitari montani ed il loro rapporto con gli enti locali

ricadenti nel territorio di pertinenza dell’ospedale di montagna.

L’articolo 5 delinea gli indirizzi per l’importazione del servizio sanitario in aree montane e sottolinea l’aspetto della valorizzazione delle professionalità sanitarie che scelgono di operare in tali aree.

L’articolo 6 descrive le linee di integrazione tra i servizi distrettuali e quelli ospedalieri.

 

Art. 1

(Oggetto e finalità)

1. La Regione riconosce gli ospedali di montagna come servizio sanitario di rilevante interesse per la collettività, garantendo livelli essenziali ed uniformi di prestazioni sanitarie ai residenti in aree montane, riconoscendo a tali cittadini il diritto di accedere ai servizi in condizioni di pari opportunità.

2. La Regione, in linea con gli indirizzi di politica economica, sociale e sanitaria promuove il mantenimento ed il potenziamento delle strutture sanitarie montane con particolare riguardo a:

a) standards di sicurezza e funzionalità;

b) pronto soccorso in grado di stabilizzare il paziente

critico e stazione POTES 118;

c) laboratorio di analisi cliniche e servizio di diagnostica per immagini;

d) prestazioni tempestive e qualificate per le patologie mediche e chirurgiche essenziali (compreso casa di maternità);

e) dialisi, riabilitazione e servizi erogabili con criteri di efficienza ed efficacia in loco al fine di ridurre i disagi per i pazienti e gli oneri regionali di trasporto;

f) garanzia di servizi specialistici attraverso una rete con ospedali aziendali e non , ivi compresi poli universitari attraverso percorsi definiti, che assicurino interventi efficienti ed efficaci, e recapiti Sert.

La Regione garantisce il servizio di eliambulanza per il territorio ed attrezza, in accordo con le amministrazioni comunali, le Province, la protezione civile, le strutture ospedaliere con idonei punti di atterraggio.

3. L’ASUR e/o le zone territoriali, per le finalità di cui al comma 2, possono stipulare apposite convenzioni con le università del Piemonte, con organismi pubblici o privati, con istituti di ricerca e/o altre forme di collaborazione.

 

Art. 2

(Definizione di ospedale di montagna)

1. Sono considerati ospedali di montagna quelle strutture, distanti almeno venti chilometri da altri complessi ospedalieri, ubicate in aree comprese nell’ambito di comunità montane che presentano le seguenti criticità: svantaggi orografici, difficoltà di collegamento viario, disagi socio-economici, squilibri nella struttura demografica dovuti alla particolare incidenza del tasso percentuale di popolazione anziana.

 

Art. 3

(Deroghe)

1. Per la specificità ed il servizio svolto dagli ospedali di montagna le norme contenute nella presente legge costituiscono deroga a quanto previsto dalla normativa regionale vigente sull’organizzazione del SSR ed in materia dei parametri regionali di riferimento per la dotazione di professionalità qualificate e per il contenimento della spesa.

 

Art. 4

(Distretti sanitari montani)

1. Il Distretto sanitario montano, formato per ciascuno dei presidi ospedalieri dai comuni individuati ai sensi dell’articolo 5, è una struttura complessa che svolge le seguenti funzioni:

a) l’attuazione locale delle politiche aziendali, elaborate in collaborazione con gli enti locali;

b) l’organizzazione dell’assistenza territoriale diretta o funzionale relativa all’area del Distretto.

Per entrambe le funzioni il Distretto è tenuto alla verifica dei risultati ottenuti in funzione degli obiettivi territoriali da raggiungere.

2. L’attività distrettuale, di natura sia gestionale che strategica, si sviluppa:

a) nel governo della domanda di assistenza rispetto agli obiettivi di salute individuati, alle aspettative della popolazione ed alle strategie di assistenza adottate dagli operatori;

b) nella valorizzazione dei percorsi diagnosticiterapeutici;

c) nell’erogazione di prestazioni e di interventi sanitari compatibili con il grado di autosufficienza delle reti e dei servizi territoriali;

d) nell’integrazione multi professionale di operatori assegnati a diversi servizi;

e) nell’elaborazione ed attuazione dei Patti territoriali per la salute in collaborazione con i soggetti pubblici, privati   così come individuati dall’OMS e dal PSN e PSR;

f) nelle relazioni con gli enti locali, i consorzi socio-assistenziali e le associazioni dei malati;

g) nel ruolo di garante della circolazione delleinformazioni sanitarie ed amministrative nel rispetto della professionalità dei singoli addetti ai servizi e della privacy dell’utente.

3. Il responsabile del Distretto realizza le indicazioni strategiche della direzione aziendale, amministra le risorse assegnate in modo da garantire l’accesso della popolazione alle strutture e ai servizi, l’integrazione tra i servizi e la continuità assistenziale.

E’ organo funzionale della direzione sanitaria aziendale da cui riceve il mandato di attuazione della programmazione strategica locale e ne sostiene pertanto l’attività nei rapporti con i Sindaci del Distretto.

Nei distretti sanitari montani il responsabile del Distretto si rapporta direttamente con i Sindaci, ferma restando la

coerenza e la subordinazione ai piani e alle strategie aziendali.

4. L’incarico di responsabile del Distretto è attribuito dal direttore generale dell’ASUR, previo parere della Conferenza dei Sindaci del distretto, ad un dirigente dell’azienda che abbia maturato una specifica esperienza nei servizi territoriali ed un’adeguata formazione nella loro organizzazione oppure ad un medico convenzionato ai sensi dell’articolo 8 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502

(Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992,n. 421),

così come modificato dal d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229 (Norme per la razionalizzazione del servizio sanitario nazionale, a norma dell’articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419), da almeno dieci anni con contestuale congelamento di un corrispondente posto in organico della dirigenza sanitaria.

5. L’attività del responsabile del Distretto è sottoposta alla valutazione del direttore generale basata su:

a) capacità di realizzazione delle strategie aziendali;

b) raggiungimento degli obiettivi stabiliti nel programma delle attività territoriali;

c) capacità di relazione con gli operatori del Distretto, con la Conferenza dei Sindaci di distretto, con l’ente gestore dei servizi socioassistenziali, con i soggetti coinvolti nel Patto territoriale per la salute.

Nei Distretti sanitari montani l’elemento determinante per la valutazione è dato dalla capacità di risposta al bisogno di capilllarità delle cure primarie.

6. La Conferenza dei Sindaci di distretto è composta dai Sindaci, o loro delegati, dei Comuni ricadenti nel distretto.

7. La Conferenza dei Sindaci delega con proprio atto ai Comitati di distretto le funzioni di indirizzo e di verifica dell’attività del Distretto con la sola esclusione di:

a) direttive riguardanti la programmazione complessiva dei servizi sanitari e sociali a livello aziendale;

b) pareri connessi alla predisposizione ed all’attuazione delle intese e dei piani dell’ASUR e delle zone territoriali;

c) direttive riguardanti l’allocazione delle risorse fra i diversi Distretti e presidi da parte dell’ASUR e delle zone territoriali.

8. Il Comitato di distretto esplica la propria competenza su tutte le problematiche sanitarie del proprio ambito territoriale, incluse quelle connesse all’accesso alle prestazioni di assistenza ospedaliera, in RSA ed in case protette relativamente alla verifica dell’accessibilità dei servizi ed alla valutazione dei risultati raggiunti.

9. Il Comitato di distretto formula l’atto di indirizzo per la redazione del programma delle attività distrettuali ed esprime il parere sulla relazione annuale della quantità e della qualità dell’attività svolta presentato dal responsabile del Distretto.

Il direttore generale dell’azienda acquisisce tale parere e lo utilizza ai fini della valutazione dell’operato del responsabile del Distretto.

 

Art. 5

(Linee di indirizzo)

1. Con proprio provvedimento, da emanarsi entro trenta giorni dalla promulgazione della presente legge, la Giunta regionale individua per ciascuno degli ospedali di montagna i comuni ricadenti nel rispettivo Distretto e specifica analiticamente il ruolo e le funzioni distrettuali.

2. In tale atto andranno previste incentivazioni volte a favorire l’esercizio dell’attività medica specialistica in area montana, riconoscendo agli operatori della sanità la remunerazione del “disagio di montagna” con sistemi di incentivazione che stimolino i giovani ad intraprendere percorsi formativi post-universitari. A tal fine andranno messi in atto accordi con l’università per garantire adeguati spazi agli studenti provenienti dai territori montani che si impegnano a rimanervi, una volta completati gli studi e a prestare la loro opera, per almeno cinque anni con incentivazione economica per il personale che volesse trasferirsi in montagna. Lo stesso periodo temporale si applica per i vincitori di concorso di qualsiasi qualifica sanitaria e per i trasferimenti dello stesso personale, al fine di evitare il sistematico avvicendamento di professionalità legato al disagio montano.

3. Con tale provvedimento andranno delineati percorsi diagnostico-terapeutici tesi a realizzare l’integrazione fra il territorio montano e i luoghi dell’eccellenza sanitaria, anche attraverso strumenti di e-government e telemedicina.

4. Alle zone territoriali nelle quali ricadono gli ospedali di montagna andrà corretta la quota capitaria nei finanziamenti correnti in considerazione dei maggiori costi strutturali.

 

Art. 6

(Integrazione tra i servizi distrettuali e ospedalieri)

1. Il ricorso all’ospedale ha carattere di eccezionalità nel percorso di cura.

2. Il Distretto, nel programma delle attività territoriali, prevede la riduzione dell’indice di ricorso all’ospedalizzazione soprattutto per quanto attiene al pronto soccorso e alla durata dei ricoveri a favore di un’assistenza domiciliare, indicando annualmente la riduzione in relazione alla percentuale dei ricoveri impropri registrati nell’anno.

3. La riduzione del ricorso all’ospedalizzazione è indice di qualità ed efficacia dell’attività del Distretto unitamente alla riduzione degli indici di mobilità passiva.

4. Il Distretto deve comunque garantire ai propri assistiti, qualora essi necessitino di un’alta intensività di cure, il ricorso all’ospedalizzazione.

5. Il Distretto e l’ospedale sono garanti di un’attività sinergica a favore del recupero della salute dei pazienti, dell’ottimizzazione delle risorse e del contenimento della spesa. In particolare Distretto ed ospedale sviluppano e concordano procedure volte a sollevare chi soffre ed i suoi familiari dall’onere della ricerca delle forme, degli strumenti e dei percorsi per la prosecuzione delle cure.

Per questo sono tenuti ad incentivare:

a) gli scambi di informazione sull’organizzazione e l’offerta di servizi, nonché l’introduzione di nuove metodiche, tecnologie, protocolli, opportunità di cura e di assistenza;

b) gli incontri personali tra operatori del territorio e dell’ospedale tramite iniziative comuni di aggiornamento professionale e culturale, stages, attività di consulenza;

c) la pratica delle dimissioni protette, ivi compresa la continuità terapeutica tramite la farmacia interna ospedaliera;

d) la comunicazione personale, telefonica, informatica, scritta tra il medico di base e l’ospedale;

e) la telemedicina;

f) i progetti comuni di gestione di day-service e day-surgery;

g) la comunicazione clinica e burocratica che deve essere chiara, rapida, semplificata e leggibile

6. La presenza di un presidio ospedaliero nell’ambito del territorio del Distretto sanitario montano richiede forme specifiche di integrazione che dovranno essere esplicitate nei programmi aziendali e nel programma delle attività territoriali del Distretto.

 

7. Gli ospedali montani, tradizionali ed insostituibili presidi del territorio al servizio delle popolazioni più emarginate ed in particolare delle persone più anziane isolate, da chiunque gestiti, debbono essere sostenuti finanziariamente sia al fine di mantenere e consolidare le funzioni di ricovero ospedaliero sia al fine di favorire in loco l’assolvimento delle funzioni di medicina generale, le funzioni chirurgiche, ostetrico-ginecologiche (case di maternità), di lungodegenza, di riabilitazione, delle funzioni poliambulatoriali e di tutte le funzioni di assistenza primaria del Distretto.