SOS FAMIGLIE CON MALATI DI ALZHEIMER!! Firma la petizione .

Il 73% del prezzo per l’ assistenza che i malati di Alzheimer devono sostenere sono a carico dalle famiglie. Il dato lo rivela il Censis che insieme all’ Aima, Associazione italiana malattia di Alzheimer, ha presentato una ricerca che mostra per la prima volta l’ entità dei costi che subisce chi è colpito da questa malattia: in media 70.587 euro all’ anno, compresi quelli a carico del Servizio Sanitario Nazionale, quelli che ricadono direttamente sulle famiglie e i costi indiretti (gli oneri di assistenza che pesano su chi presta aiuto), nonché i mancati redditi da lavoro dei pazienti.

Nel complesso in Italia sono 600.000, il 60% di coloro che hanno patologie legate alla demenza. Ma il numero è destinato a crescere: secondo l'Adi (Alzheimer's Disease International) la stima è che nel 2015 ci siano stati nel mondo 9,9 milioni di nuovi casi, uno ogni 3,2 secondi, il 30% in più rispetto al 2010. Se si considera che l’ Italia è il Paese più longevo d’ Europa – gli ultrasessantenni, ci ricorda ancora il Censis, sono 13,4 milioni – si può capire l’ entità del fenomeno. 

Le cui dimensioni sono confermate anche dai dati presentati poche settimane fa da Pronto Alzheimer, la prima linea telefonica in Italia di aiuto e consulenza per i familiari dei malati. L’ associazione che fornisce assistenza telefonica e orientamento ha ricevuto nel 2015 4.877 richieste di aiuto, 140.000 nei suoi 22 anni di vita.

«È un mondo che invecchia», dice la responsabile dell'Area Welfare e Salute del Censis  Ketty Vaccaro, «e cresce l'impatto della malattia in termini di isolamento sociale. La famiglia è ancora il fulcro dell'assistenza, ma può contare su una disponibilità di servizi che nel tempo si è ulteriormente ristretta, mentre sono ancora presenti le profonde differenziazioni territoriali dell'offerta».

Ma il problema, rivela lo studio del Censis, non è solo la condizione dei malati, è anche quella dei familiari. L’ età media dei cosiddetti caregiver – coloro che prestano assistenza, spesso appunto familiari – è salita dai 54,8 anni nel 2008 ai 59,2 di oggi. Dedicano ai malati mediamente 4,4 ore al giorno di assistenza diretta e 10,8 ore di sorveglianza. L’ altro problema è che il 40% dei caregiver non lavora, anche se è in età lavorativa.

Nel 2006 i disoccupati erano il 3,2%, oggi il 10%. Fra chi dedica assistenza spiccano, ovviamente, le donne: il 26,9% di loro ha richiesto il part time. E sono provate: l'80,3% accusa stanchezza, il 63,2% non dorme a sufficienza, il 45,3% afferma di soffrire di depressione, il 26,1% si ammala spesso. I familiari sono importanti (i figli sono il 64,2%, il 37% il partner specie se il malato è maschio), ma centrale è il ruolo delle badanti: sono presenti nelle case del 38% dei malati e sono fondamentali per far tirare il fiato ai familiari.

Anche perché l’ assistenza è sempre meno pubblica. Nel 2006 i pazienti seguiti da una “Unità Valutativa Alzheimer” o da un centro pubblico era più del 66%, oggi solo il 56,6%. Altro dato preoccupante è l’ abbassamento della percentuale di pazienti che accedono ai farmaci specifici scesi dal 59,9% al 56,1%. Il ricorso a tutti i servizi per l’ assistenza è in calo sempre rispetto al 2006: nei centri diurni vanno 12,5% dei malati (erano il  24,9%); i ricoveri in ospedale o in strutture riabilitative e assistenziali passa dal 20,9% al 16,6%; crolla anche l’ assistenza domiciliare integrata e socio-assistenziale: dal 18,5% all'attuale 11,2%.

La badante viene pagata soprattutto con i risparmi o la pensione del malato (nel 58,1% dei casi), ma nel 2006 i malati mettevano sul piatto della loro assistenza l’ 82,3% della copertura. Oggi in parte è bilanciata da un più ampio ricorso all'indennità di accompagnamento. Oppure dai soldi dei figli o del coniuge, che non bastano mai.